13 dic 2013
Il furbacchione
Eggià, ma lui, il furbacchione, dice che il suo superstipendio se lo straguadagna! Che la sua presenza a "Che tempo che fa" fa fare tanta pubblicità alla Rai! Ma Brunetta ha confutato totalmente questa sua teoria bislacca, ribaltandola come un calzino. Quelli che lo guardano, lo guardano perchè il programma cade nella fascia oraria di maggiore ascolto, non certo per la sua "bella" faccia o per l'"erudizione" da uomo colto quale vorrebbe far credere di essere: ha così da sfogliar verze per raggiungere le vette che ci si dovrebbe aspettare da un programma quale vorrebbe prefiggersi di essere! Infatti, puzza lontano un miglio quel sentore, quel puzzo maleodorante di programma di propaganda politica. Altro che programma culturale!!! Facciamo due proposte: una alla Rai e una al Governo. Alla Rai affinchè sposti "Geo" in quella fascia oraria. Troverebbe il favore di tutti i telespettatori, di qualsiasi tendenza politica essi siano. Il programma viene presentato da un'eccellente conduttrice, Sveva Sagramola, la quale non accenna mai alla politica nel suo programma. Ne guadagnerebbe l'indice d'ascolto della Rai per quella fascia oraria. Al Governo, invece, nel giorno in cui ha avuto la forza e il coraggio di abolire il finanziamento pubblico ai partiti, affinchè abolisca lo scandalo dei super stipendi Rai, la quale è a sua volta finanziata dallo Stato, con i soldi delle tasse pagate dai cittadini. Ne guadagnerebbe l'indice di gradimento popolare del governo.
22 nov 2013
22 novembre 1963
Cinquanta anni fa veniva assassinato John Fitzgerald Kennedy, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti d'America. Aveva molti punti di somiglianza col nostro Silvio Berlusconi, tra cui il fatto che ad entrambi piacessero molto le donne. Eppure, proprio per questo motivo, mentre a Kennedy la sinistra mondiale, e non solo quella italiana, ha da sempre tollerato questa sua "abitudine" (da molti chiamata vizio), facendone finanche una delle sue icone di primo piano, a Berlusconi questo "vezzo" non è mai stato perdonato, financo a strapazzarlo in tutti le maniere possibili. Per tale motivo mi sono sempre chiesto quale attendibilità possa dare una sinistra siffatta?
Ad ogni modo, ecco uno dei memorabili discorsi di Kennedy in tema di PIL (Prodotto Interno Lordo). Parole che, nella sua breve esistenza, sarebbero state più che sufficienti per fargli assegnare di diritto un posto tra le grandi personalità del genere umano. Sono parole che aveva pronunciato al popolo americano, prima di diventare loro presidente, a riguardo dell'inadeguatezza degli indicatori economici. In parole semplici, il candidato presidente Kennedy metteva in guardia, già mezzo secolo fa, su aleatorietà e incostintenza del famigerato indicatore economico PIL, Prodotto Interno Lordo.
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
Ad ogni modo, ecco uno dei memorabili discorsi di Kennedy in tema di PIL (Prodotto Interno Lordo). Parole che, nella sua breve esistenza, sarebbero state più che sufficienti per fargli assegnare di diritto un posto tra le grandi personalità del genere umano. Sono parole che aveva pronunciato al popolo americano, prima di diventare loro presidente, a riguardo dell'inadeguatezza degli indicatori economici. In parole semplici, il candidato presidente Kennedy metteva in guardia, già mezzo secolo fa, su aleatorietà e incostintenza del famigerato indicatore economico PIL, Prodotto Interno Lordo.
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
14 mar 2013
Il segno dei tempi
Chiesa di San Fedele - Milano
Dal cielo due anime a me vicine gioiranno per la nomina di Papa Francesco: Marcello, alias Sarcastycon e Alessandro Scurani. Il primo, noto ai lettori del blog Il Castello 1, che gli hanno dedicato il loro blog, il secondo, padre Alessandro Scurani, gesuita, è stato il responsabile degli acquisti carta negli anni '80/'90 dell'Opera San Fedele di Milano. Negli anni'70 aveva goduto di un periodo di celebrità per aver scritto un libro sulla vita di Indro Montanelli (qui i risvolti della polemica insorta tra i due). L'avevo conosciuto in occasione degli acquisti carta per la stampa del mensile Letture: rassegna di libri, cinema e spettacoli. Quando ieri sera ho visto il nuovo Papa, m'è parso quasi di vedere lui: gioioso e rassicurante nella sua luminosa spiritualità. La stessa spiritualità che ho riscontrato negli occhi di quel frate francescano di origini indiane conosciuto a Dervio (qui il racconto).
Di Marcello Sarcastycon era nota la sua avversione all'ostentazione di impreziosimenti, ricercatezze e ricchezze nelle chiese; eppure lui, ultimo erede di dinastie nobiliari, di cui una millenaria (leggi qua), avrebbe forse potuto vivere ancora di vantaggi e privilegi che un'esibizione del suo rango gli avrebbero forse assicurato. Invece, ancora in giovane età si era messo a lavorare alle dipendenze.
Di Padre Scurani ricordo la profonda spiritualità che emanavano i suoi occhi. La partecipazione alle messe da lui officiate in San Fedele, portavano calma e rassicurazioni per il futuro. E quando una volta, mentre parlavamo di Gesù, allora gli chiesi: "...ma quando vedremo il suo volto?" Con calma rassicurante mi rispose: nell'istante in cui morremo.
19 feb 2013
Si potrebbe forse fare
Panorama di Varzi - da Wikipedia
Anche questa sera i telegiornali sono stati inondati di notizie e di numeri a riguardo della crisi. Si è riparlato di numero di aziende che chiudono, di cassintegrati in continuo aumento, di nuovi poveri, categoria che in Italia assomma ormai a diversi milioni. Ma un segnale di speranza, quasi un aiuto, ci viene dall'Oltrepò Pavese, dove Eugenio Barbieri da Rivanazzano Terme (Pv) ha riscoperto, parlandone in maniera chiara e semplice dell' economia di sussistenza, la quale può essere d'aiuto a tanti.
Sorvolando la Valle Staffora, sopra Varzi, ha "declamato" la frase di Mario Soldati, dallo stesso "profferita" (così ha ripetuto con forza Eugenio Barbieri) durante uno speciale del Tg1 dell'8 agosto 1975.
Frase profetica, da veggente, da mettere in relazione con lo sopolamento avvenuto nei decenni addietro sulle colline dell'Oltrepò Pavese, e la crisi perdurante che stà attanagliando l'Italia e il mondo intero.
Quaranta anni fa le colline della Valle Staffora erano tutte popolate e coltivate, e chi scrive aveva avuto modo di appurarlo più volte. Oggi quelle colline sono spopolate e incolte, e proprio per questo potrebbero diventare fonte di sostentamento per molti nuclei familiari, fornendo loro la soluzione del problema. E in questo caso, il primo che arriva meglio s'accomoda. Perchè, non facciamoci illusioni, la crisi che stiamo vivendo sarà lunga, dura, e senza soluzione di continuità.
Questo il messaggio profetico di Mario Soldati, estrapolato da Linea Verde del 17 febbraio 2013.
"Io sento che verra un giorno in cui ci sarà una catastrofe ecologica, forse il mondo andrà male, e allora la gente sarà obbligata a disperdersi, a rifugiarsi qua e la in posti selvaggi, e allora tornerà di nuovo a capire qual'è la bellezza, qual'è la gioia della vita. Un giorno avremo per caso, e attraverso la sconfitta, attraverso un disastro, avremo quello che non abbiamo avuto il coraggio di darci per noi stessi: il rifugio dell'eremitaggio, di un ritorno alla natura.
... Sento questa gioia meravigliosa di vivere ... Questo sole, questa gioia meravigliosa che è vivere fra queste cose povere ... Si potrebbe forse con un pò di buonsenso organizzare ... per tutti ... la vita ... una vita che andrebbe bene, si potrebbe forse fare. Si potrebbe forse fare".
Da Rai Replay, replica della puntata, visibile fino a lunedì 25 febbraio 2013
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